Intervista allo Psicologo, Psicoterapeuta Adriano Principe
La transizione dalla scuola dell’infanzia a quella primaria rappresenta una fase molto importante nella crescita e nello sviluppo di ogni bambino.
Un primo passaggio dalla “libertà” del gioco istruttivo dell’asilo, dove le regole sono smussate per avere un impatto morbido, alla “semi-rigidità” delle scuole elementari, che seppur in modo blando impongono una disciplina regolare e costante.
Per meglio comprendere questa delicata fase dello sviluppo, abbiamo intervistato il Dott. Adriano Principe, Psicologo Psicoterapeuta.
Quali sono i requisiti necessari che ogni bambino deve avere per iniziare positivamente la scuola primaria?
Durante la crescita nonostante ci rifacciamo a modelli precisi di sviluppo quali quello di Piaget Vygotskij Bruner, in cui sopravvivono nell’immaginario di queste teorie aspetti di competenze che maturano a tappe nel bambino, ci dobbiamo fermare un momento per considerare l’unicità di ogni bambino oltre alla capacità emotiva che ogni bambino matura per sopportare la frustrazione di doversi mettere alla prova nei confronti dei compiti e delle richieste che la scuola gli fa.
I modelli “Prestazionali” delle teorie cognitive-neuropsicologiche ci aiutano a comprendere cosa ad una determinata età può fare o raggiungere un bambino ma non ci consentono di comprendere se un bambino sia pronto o meno ad affrontare la scuola ed integrarla nella sua sfera emotiva.
Seguendo le teorie cognitivo-prestazionali possiamo valutare i Prerequisiti Scolastici rispetto alle capacità di utilizzare i movimenti fini grazie al disegno, prerequisito importante per la scrittura; questo ci rende in grado di comprendere se le capacità oculo-motorie fini siano in grado di sostenere l’apprendimento dei movimenti fini finalizzati alla scrittura. Possiamo in altro modo considerare le capacità di inseguimento oculomotorie attraverso un compito di inseguimento di oggetti come la palla o le macchinine per avere un grado di comprensione di come un bambino possa utilizzare questo movimento per leggere come prerequisito della velocità di lettura. Si può comprendere anche come il raggruppamento di insiemi nel disegno e la selezione di elementi simili in un gruppo di elementi differenti ci possa far comprendere se un bambino è pronto ad avere a che fare con lo sviluppo delle capacità di calcolo e dell’attenzione, che in un’età prescolastica dovrebbe essere dai 10 ai 25 minuti a 5 anni e dai 12 ai 30 minuti a 6 anni.
Ma non possiamo sapere, a meno che non ci affacciamo alla comprensione della mente, del pensiero, delle emozioni e degli stati profondi dell’inconscio, se quel bambino è pronto a stare in classe per molto tempo oppure a reggere la frustrazione dell’attesa di imparare e di farsi insegnare qualcosa dall’altro; come ci spiegano la Klein, Winnicott, Bion e la Mahler.
A mio avviso c’è bisogno di inquadrare sotto almeno 3 punti di vista un bambino per comprendere se sia o meno pronto per affrontare la scuola e a quale età: la maturazione cognitiva, la maturazione neuropsicologica e la maturazione emotiva.
Cosa si intende per bambino psicologicamente e biologicamente maturo?
Un bambino psicologicamente maturo è un bambino che è riuscito ad affrontare vari passaggi di crescita emotiva. Renè Spitz ci aiuta, con Margaret Mahler ci aiutano a comprendere come l’attaccamento giochi un ruolo fondamentale all’interno della possibilità di arrivare ad un sano sviluppo. C’è da considerare che alcuni bambini non riescono a comprendere la matematica perché non sono disposti a separarsi dalla loro idea di essere protetti da un adulto di riferimento, altri che non riescono a fare le differenze tra elementi e nonostante siano “bravi scolari” restano indietro perché non hanno mai imparato a dire di no ed altri che invece non si concedono di imparare e sviluppare le capacità che hanno, rendendosi meno capaci degli altri, perché il loro intento è quello di non voler crescere e quindi diventare autonomi; quest’ultimi spesso acquisiscono un comportamento di tipo oppositivo.
Come bisogna comportarsi nel caso in cui il bambino non abbia sviluppato alcune delle caratteristiche necessarie?
Nel caso in cui un bambino sembrerebbe non aver raggiunto un livello prescolare sufficiente per iniziare la scuola si può iniziare a chiedere all’insegnante della scuola dell’infanzia, questo potrebbe rappresentare una forte preoccupazione per il genitore, ma per quanto concerne quanto abbiamo precedentemente detto può dipendere dal fatto che il bambino debba avere solo più tempo e più attenzione nel dedicarsi ad alcuni giochi o ad alcune attività.
Spesso i genitori fanno la fantasia che il proprio bambino sia non in grado e si spaventano e spesso non fanno nulla o trovano altre aree di capacità del bambino e ampliano ed investono su queste. Dobbiamo ricordare che tutti siamo diversi e che non esiste modo meno utile per aiutare il bambino.
Dobbiamo tenere a mente che ognuno di noi ha delle inclinazioni e che tutti siamo capaci in maniera diversa rispetto agli altri, anche noi adulti, ma che se non sappiamo contare bene anche noi adulti abbiamo difficoltà ad andare a fare la spesa.
La chiave è la differenziazione delle capacità, questo va fatto in modo graduale e non chiedere un miglioramento immediato o un impegno immediato.
Nel caso di precisione un genitore può chiedere una valutazione dei prerequisiti scolastici o una valutazione della necessità di approfondimento allo psicologo dell’asl di riferimento della scuola del bambino.
La valutazione dei prerequisiti scolastici non è una valutazione diagnostica ma una valutazione delle potenzialità del bambino.
Per questo basta chiedere una impegnativa per Colloquio Psicologico presso l’ASL al proprio MMG – Medico di Medicina Generale (di Famiglia) o al PLS – Pediatra di Libera Scelta del bambino e recarsi a prenotare o telefonare al Consultorio famigliare o al presidio più vicino che si occupa di Infanzia.
Dobbiamo tenere a mente che le necessità di ogni bambino sono diverse e tenere a mente che i figli non chiedono di nascere ma ci espongono al doverli sostenere ed aiutare nelle loro necessità, qualsiasi esse siano.
Quali difficoltà può incontrare un bambino immaturo che inizia ad andare a scuola?
I bambini che non sono pronti spesso ce lo fanno capire con il loro comportamento. I bambini, per quanto siano capaci di parlare e abili nel farlo non esprimono facilmente i loro pensieri riguardanti le fantasie emotive. Sono capaci di dire che sono felici ma non sono facilmente in grado di dire che si sentono obbligati o che si sentono angosciati; spesso le loro fantasie più catastrofiche restano velate dietro un modo che loro usano per proteggere anche il genitore dal loro mondo interno, nel gergo degli psicologi si dice che loro sì “difendono”; e spesso proteggono con queste difese anche il genitore dalla fantasia di deluderlo.
Nel caso in cui un bambino non sia pronto sarebbe esposto ad enormi frustrazioni che danneggerebbero la sua capacità creativa e la sua fantasia. Il primo segnale delle cose appena descritte è che all’ingresso della “scuola dei grandi” il bambino inizi a rallentare col fare i compiti, a dire che è stanco o a non riuscire a ricordare l’assegno; a volte può iniziare anche prima nella scuola dell’infanzia.
Potremmo consigliare di ascoltare ciò che non dicono i bambini e capire da adulti che nella tenera età i bambini non vanno guidati ma vanno ascoltati nelle loro necessità e seguiti rispetto a ciò che noi grandi gli possiamo dare con la nostra esperienza, che loro non hanno, non perché sono piccoli, ma perché non hanno ancora avuto il tempo per fare quell’esperienza o l’esempio che possa fargliela capire.